È GRAZIE AL DISASTRO DEL "TALIDOMIDE" SE OGGI ESISTE LA FARMACOVIGILANZA


Ci sono volute decine di migliaia di nascite di bambini con difetti di formazione degli arti, prima che venissero istituite leggi che garantissero la sicurezza dei farmaci immessi in commercio

La storia

Era il 25 dicembre del 1956 a Stolberg, una cittadina della Germania occidentale, quando nacque una bambina priva di orecchie. Il padre lavorava per l’azienda farmaceutica “Chemie Grünenthal”. La mamma, come tutte le donne all’inizio di una gravidanza, aveva sofferto di nausea e insonnia, e il papà le aveva fatto assumere un nuovo farmaco da loro prodotto. Ci vollero parecchi anni prima che scoprisse l’associazione tra la malformazione congenita (presente alla nascita) della figlia e il Contergan, questo era il nome del farmaco(2). Quella bambina rappresentò la prima vittima dell’imide dell’acido n-ftalil-glutammico o talidomide, il principio attivo del Contergan. Erano passati appena dieci mesi dalla commercializzazione del prodotto.

Ma l’episodio fu destinato a non rimanere un caso isolato

Già dopo un anno dalla commercializzazione del Contergan, la Grünenthal fu sommersa dalle lamentele per gli effetti collaterali del farmaco. Nulla di strano per un farmaco appena immesso sul mercato, se non per il fatto che la campagna promozionale per il suo lancio fosse stata costruita sulla presunta innocuità e sicurezza(1,3), tanto da essere venduto senza prescrizione medica, al pari dell’aspirina, un comune farmaco “da banco”.
Accanto agli innumerevoli casi di polineurite (infiammazione dei nervi periferici con formicolii e perdità di sensibilità alle mani e ai piedi), un nuovo fenomeno iniziò ad apparire in Germania. I medici cominciarono ad osservare un’anomalia congenita molto rara, tanto che molti di loro non l’avevano mai documentata prima.

Il Talidomide e  la nascita di bambini focomelici

La commercializzazione su larga scala di farmaci contenenti il principio attivo talidomide, portò in poco tempo alla nascita di bambini con gravi anomalie nello sviluppo degli arti: amelia (assenza di sviluppo), dismelia (arti più corti del normale), focomelia (arti da foca). Nei casi più gravi, al limite della sopravvivenza, risultavano colpiti sia gli arti superiori che quelli inferiori.  La malformazione era tanto più grave quanto più precocemente era stato assunto il farmaco durante la gravidanza ed era influenzata  anche dalla dose e dal tempo di assunzione.

Il talidomide venne venduto in (quasi) tutto il mondo. La Chemie Grünenthal stessa ne aveva curato la diffusione. Negli anni sessanta il numero delle vittime, sopravvissute alla morte in utero, aveva raggiunto i diecimila casi.

Nel mercato inglese già dal 1958 era presente il Distaval prodotto dalla Distillers Co. Biochemicals Ltd, in seguito commercializzato anche in Australia.
E’  stato il dott. William Mc Bride, un ostetrico australiano, che per la prima volta mise in relazione la focomelia al talidomide(4) . Era stato testimone della nascita di bambini focomelici da madri a cui lui stesso aveva prescritto il Distaval in gravidanza. Inviò una relazione alla rivista Lancet nell’estate del 1961 in cui esprimeva perplessità sulla sicurezza del farmaco. Ma solo nell’autunno dello stesso anno le sue osservazioni vennero tenute in considerazione, quando il pediatra Wildukind Lenz, scrisse una lettera alla rivista, dopo aver dichiarato pubblicamente, durante un congresso medico a Düsseldorf, che, l’aumento improvviso di malformazioni neonatali era dovuto all’assunzione del talidomide. 

Si stava delineando l’atrocità di questa terribile storia 

La Chemie Grünenthal fece di tutto pur di nascondere la verità, ottenne con il ricatto il silenzio di chi ne era a conoscenza, accusò di disonestà chi la dichiarava.
Nonostante le evidenze sui corpi mutilati, dei suoi misfatti, si rifiutò di ritirare dal commercio il talidomide.
Solamente quando il quotidiano Welt am Sonntag pubblicò un passaggio della lettera di Lenz: “Ogni mese che passa senza chiarimenti ha come conseguenza la nascita da cinquanta a cento bambini orrendamente mutilati, a causa della considerazione che il talidomide sia sicuro", con riluttanza i produttori dovettero smettere di vendere il talidomide.
A dicembre di quello stesso anno il farmaco venne ritirato dal commercio anche in Gran Bretagna e a seguire in tutti gli Stati europei.
Era il 27 maggio del 1968 quando, dopo lunghi anni di indagini, ad Aquisgrana iniziò il processo contro la casa produttrice del farmaco. Sette dirigenti della ditta Grünenthal dovettero rispondere di omicidio colposo e di comportamento irrispettoso dell’etica medica. La causa si concluse nel dicembre del 1970 con un nulla di fatto. I colpevoli rimasero impuniti. I legali della Grünenthal raggiusero un accordo con le vittime e le loro famiglie promettendo un risarcimento.

Le scuse della Grünenthal alle vittime in tutto il mondo, arrivarono solo nel 2012.

E in Italia?

In Italia vennero vendute 10 specialità farmaceutiche contenenti il talidomide come l’Imidene prodotto dalla Smit (Torino) o il Quietoplex e il Gastrimide, prodotti dalla Livsa Vailant (Milano).

In Italia il talidomide rimase in circolazione fino a luglio del 1962, ufficialmente. Il mancato sequestro delle scorte dalle farmacie e dagli ospedali e la lentezza delle comunicazioni, consentirono ai medici  di continuare a prescriverlo anche negli anni a seguire.

Nessun riconoscimento è stato mai dato ai thalidomici italiani, dalle ditte produttrici di farmaci a base di talidomide, ben sette.
Ma non solo! Lo Stato italiano ha contribuito a tenere nascosti la storia e i suoi protagonisti.

Non ha mai realizzato un censimento, eppure stando alla Associazione Thalidomici Italiani (TAI Onlus) e alle altre associazioni presenti sul territorio, le vittime sopravvissute a tale tragedia sono centinaia.
E’ proprio grazie alla battaglia condotta dalla TAI Onlus che nel Dicembre 2007 lo Stato Italiano ha riconosciuto un indennizzo ai danneggiati da Talidomide, nati negli anni dal 1959 al 1965 (Legge 244).

Nasce la farmacovigilanza

E’ ormai storia la decisione di Frances Oldham Kelsey, responsabile della Food and Drug Administration (FDA) americana, che negò l’autorizzazione all’immissione in commercio del talidomide, in quanto non convinta dagli studi presentati dalla casa produttrice, perché scarsamente descritti, superficiali e con pochi casi, seguiti per breve tempo. Tale decisione le valse la più alta onorificenza conferita ad un civile, dal presidente John F. Kennedy, nell’agosto del 1962.

Il rifiuto della Kelsey oltre ad aver dato un notevole contributo alla tutela della salute dei cittadini americani, ha dimostrato che  le prove di sicurezza di un nuovo farmaco debbano essere verificate prima dell’autorizzazione alla vendita.

Lo scandalo del talidomide portò alla nascita nel 1963 della legislazione sulla farmacovigilanza, ideata  per tutelare i consumatori contro farmaci dannosi e per garantire risarcimenti in caso di danni. Da questo momento in poi, venne richiesto un controllo di qualità, efficacia e assenza di effetti collaterali per tutti i farmaci, prima della loro messa in commercio e il monitoraggio continuo della comparsa di reazioni avverse e di uso non appropriato.

L'AIFA

In Italia è compito dell’Agenzia del Farmaco (AIFA)  stabilire programmi e studi di farmacovigilanza attiva attraverso la rete nazionale di farmacovigilanza (RNF). L’obiettivo è quello di raccogliere quante più informazioni possibili sulle modalità con cui vengono utilizzati i farmaci, stabilire un profilo di sicurezza e descrivere in maniera oggettiva l’insorgenza di reazioni non previste. I dati sulla sicurezza dei farmaci provengono da diverse fonti: segnalazioni spontanee di sospette reazioni avverse, studi clinici, letteratura scientifica, rapporti dalle industrie farmaceutiche, ecc.

La parola d’ordine è "Primum non nocere", se così non fosse, è compito dell’agenzia revocare l’autorizzazione alla vendita di un qualsiasi medicamento che non soddisfi tale condizione. 


Fonti:

  • Henning Sjoström, Robert Nilsson. Thalidomide and the power of the drug companies. Penguin UK, 1972.*
  • Rock Brynner, Trent Stephens. Dark remedy. The impact of Thalidomide and its revival as a vital medicine. Basic Books, a member of the Perseus Books Group, 2001.*
  • Gianni Moriani. Talidomide, il veleno del profitto. In "Il Manifesto", 30 Marzo 2001.
  • W.G. McBride. Thalidomide and congenital abnormalities. The Lancet, 1961.
* Di questi testi sono in commercio le versioni tradotte in italiano:
  • Henning Sjoström, Robert Nilsson. Il Talidomide e il potere dell'industria farmaceutica. Collana diretta da Giulio A. Maccararo, Feltrinelli, Febbraio 1973.
  • Rock Brynner, Trent Stephens. Il farmaco oscuro. L'introduzione è a cura di Nadia Malavasi, Presidente onorario della Tai Onlus. Traduzione di Michele Simeoni. La prefazione all'edizione italiana è del Prof. Luca Pani con Laura Sansone e Silvia Cammarata, referenti AIFA, Gennaio 2015.



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